Alreadymade

Alreadymade

Barbara Visser

Documentary • 2024 • 1h 27m

Un documentario stimolante che parte da una domanda tanto semplice quanto destabilizzante: e se “Fountain”, quell’orinatoio in ceramica diventato leggenda grazie a Marcel Duchamp, non fosse del tutto opera sua — ma piuttosto dell’audace Elsa von Freytag-Loringhoven?

Recensito da Beatrice 12. October 2025
L’ideale del vero è la finzione più profonda
(F. Nietzsche)

Visser non si limita a segnalare la teoria alternativa: la scava, la sfuma, la fa emergere tra mezze verità, silenzi d’archivio, supposizioni. Il film gioca su ciò che sappiamo, ciò che pensiamo di sapere, e ciò che forse non sapremo mai del tutto.
Uno dei punti forti: Visser riesce a restituire corpo e voce a Elsa, artista dimenticata in parte dalla storia ufficiale, usando quello che resta — fotografie, pochi materiali d’archivio, ricostruzioni digitali — ma senza idealizzarla. La sua Elsa non è una santa rivendicativa, ma una figura controversa, complessa, affascinante, contraddittoria.

Il film non solo racconta: si interroga su cosa significhi attribuire, firmare, autenticare. Che valore ha un originale se l’originale forse non esiste più? E quanto la voce che narra influenza ciò che il pubblico crede? Visser lo mostra con trasparenza: ogni zoom, ogni scelta estetica, ogni font del testo è anche una decisione che influisce su come vediamo “la verità”.

L’inserimento di elementi moderni — animazioni digitali, avatar/metahuman, ricostruzioni — non appare come gadget, ma come bisogno: colmare vuoti, mettere in scena l’assenza, suggerire possibilità. Questo rende Alreadymade più di un saggio accademico: è quasi un thriller storico-artistico con una ironia implicita.

La regista non deride, ma ha un sorrisino sottile verso l’idea che il mito dell’arte possa dormire su un bisogno di chiarezza, anche quando i fatti sono nebulosi. Lo spettatore viene coinvolto nella suspense: “E se tutto ciò che credevo fosse sbagliato?” — ma senza melodramma, piuttosto con la meraviglia di scoprire che l’arte, come la storia, è fatta di lacune, rumorose omissioni, e narrazioni che vincono perché vengono raccontate per prime. 
 
Le ipotesi prendono corpo. Visser lo sa, e lo mostra; ma inevitabilmente lo spettatore resta sospeso tra il desiderio di verità storica e la consapevolezza che forse non c’è prova definitiva. Forse è proprio questo il punto.

Inoltre per rendere Elsa “viva”, per costruire un’indagine che non sia solo un saggio, il film deve a volte usare interpretazioni, ricostruzioni, finzioni parziali, ma l’idea che Elsa abbia effettivamente ideato Fountain o che sia stata co-creatrice è suggestiva e giusta da esplorare.  Il film non la impone come verità assoluta — giustamente. Se la tesi venisse presentata come accertata, perderebbe parte del suo fascino critico, ma resterebbe controversa per mancanza di prove certe.
Alreadymade non è un’opera dogmatica, non pretende di riscrivere la storia con un colpo secco. È piuttosto una tessitura: intreccia mito, ricerca, memoria, realtà e finzione. È un invito a guardare sotto la superficie (o dietro l’orinatoio), a interrogarsi su chi decide cosa è arte, chi scrive cosa sia vero, e con quali privilegi.

Se l’arte è spiazzare, mettere in luce le crepe delle verità accettate, Alreadymade lo fa con eleganza: non urla, non pretende di avere l’ultima parola, ma ti lascia pensare che forse l’ultima parola non esista. E forse è un bene.

La verità è una illusione di cui si è persa la natura illusoria.
(F. Nietzsche)

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