Die My Love

Die My Love

Lynne Ramsay

Drama • 2025 • 1h 58m

Questo film è stato presentato a Roma film fest

Grace si trasferisce con il compagno Jackson in una casa isolata nel Montana, alla ricerca di un posto dove scrivere, di una vita più autentica, più silenziosa, più “vera”. Ma la quiete — come da manuale — si trasforma presto in claustrofobia, la maternità in prigione e la mente della protagonista in un campo di battaglia tra istinti, fantasmi e urla represse.

Recensito da Beatrice 21. October 2025
L’arte comincia solo dove l’imitazione finisce.”
Oscar Wilde

Il film ci accompagna in questo lento scivolare verso il caos, tra boschi crepitanti, sogni e respiri ansimanti: una natura che sembra volerle parlare e una donna che, evidentemente, non ne può più. Grace si trascina, cammina a quattro zampe, ulula, sbava, ritorna animale — e lo fa per circa due ore, giusto per non dimenticarci che “l’essere umano è anche istinto”, messaggio che il film ripete come un mantra ossessivo, nel timore che qualcuno possa non averlo capito la prima volta.

Ah, Die My Love. Due parole che suonano come una promessa di pathos cosmico, e invece… ecco due ore di noia ipnotica, scandita da grugniti, camminate a carponi e sguardi persi nel vuoto. Ramsay, con tutta la sua volontà d’autrice, ci invita a contemplare la lenta dissoluzione mentale della sua protagonista — ma lo fa senza stile, se non quello di sorprendere e con la ripetitività di chi non sa cos’altro inventare. 

Ogni scena sembra volerci ricordare che la protagonista è “animale”, “selvaggia”, “incontrollabile”, ma a furia di ribadirlo, il film finisce per mordersi la coda, come un cane che si è perso l’osso della trama. E quando finalmente arriva il momento in cui Grace decide che il mondo può pure finire, che è meglio bruciare nella foresta piuttosto che sopravvivere alla noia di sé stessa — beh, lì il déjà vu è totale. C’è anche il matrimonio! 
Sì, perché l’apocalisse esistenziale con donna-disperata-che-vuole-perdersi nell’universo l’avevamo già vista, nell’indimenticabile, inarrivabile Melancholia, per l’appunto. Là, von Trier faceva crollare i pianeti con una estetica sublime; qui, Ramsay mette a nudo un corpo e fa bruciare un bosco, tutto qua…

Si direbbe che la regista abbia voluto miscelare l’estasi autodistruttiva di Nymphomaniac con la catastrofe apocalittica di Melancholia. Il risultato, però, è un film che si crede un esperimento psicologico ma è in realtà un lungo esercizio di stile in cerca di un senso. Il dramma post-partum diventa un pretesto per infinite inquadrature di alberi, ombre e respiri; un cinema che vuole dirci “guarda quanto soffre la donna contemporanea” ma che finisce per far soffrire, più modestamente, lo spettatore.

E meno male che il bambino non muore — altrimenti saremmo sfociati anche in Antichrist, e lì sì che sarebbe stato troppo: la trilogia involontaria dell’emulazione totale.

Alla fine, Die My Love è la dimostrazione che non basta camminare a quattro zampe, ansimare o bruciare in un incendio simbolico per essere profondi. Serve una visione. Serve, soprattutto, sapere quando fermarsi.
Ramsay, purtroppo, non si ferma: insiste, martella, si auto-ipnotizza nella sua poetica della sofferenza, convinta di reinventare il dolore femminile. Ma il risultato è un film che sembra voler dire troppo e finisce per dire sempre la stessa cosa.

Mai imitare un genio, se non si è disposti a essere almeno un po’ geniali. Ci vuole modestia, cara Ramsay e nonostante E ora parliamo di Kevin, non si diventa Lars von Trier camminando a quattro zampe nel fango.


Tentare di essere Lars von Trier è come voler dipingere con la luce di Caravaggio senza conoscerne l’oscurità. 

L’originalità è un plagio non ancora scoperto.
William Ralph Inge

Other movies by Lynne Ramsay

e_ora_parliamo_di_kevin_avatar_image
E ORA PARLIAMO DI KEVIN

Lynne Ramsay

Drama • 2011 • 1h 52m

`

Loading similar movies...