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Endless Journey

Endless Journey

Dai Mo

Thriller • 2023 • 2h 12m

Questo film è stato presentato a Settimana del Cinema Cinese in Italia

Tutto inizia a Taiping, nella provincia del Guangdong. È il 21 settembre 2002. Una ragazza di 14 anni, brillante studentessa, fresca vincitrice di un torneo di matematica, viene trovata morta. I segni di scasso, il liquido seminale, l’assenza di impronte, l’uso di guanti: è un delitto lucido, spietato. Il corpo presenta lacerazioni evidenti. La Terza Squadra ha 72 ore per risolvere il caso. Il sospettato designato muore sotto le percosse durante un interrogatorio: una catastrofe che inghiotte l’intero reparto.

Recensito da Beatrice 26. June 2025
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Quando la giustizia diventa ingiusta, la rettitudine diventa ribellione.
Bertolt Brecht


Nel teatro iperrealista della Cina contemporanea, in cui il noir si fonde con l’ossessione per la trasparenza e la sorveglianza, ciò che stupisce non è la sete di giustizia, ma la sopravvivenza del dubbio. Che un’opera così implicita nella sua critica—poliziotti che infrangono le regole e pagano con l’emarginazione—abbia attraversato le maglie della censura, è forse testimonianza del paradosso cinese: è il sistema stesso a dichiararsi infallibile attraverso l’errore umano. Quando Cheng (Zhang Yi), incarnazione di una fedeltà disperata, attraversa il Paese inseguendo un’ombra, lo fa mentre il potere tecnologico si prepara a sostituire l’intuito con l’algoritmo. Il colpevole, Wang Eryong,  verrà scovato da lui e dalla sua indefessa, inarrestabile tenacia oltre che da un database. È il codice genetico, oltre all’ossessivo  senso morale, a ricucire la frattura.
Nel cuore di Endless Journey di Dai Mo si muove una costellazione di figure disilluse, ex-agenti divorati dal senso del dovere e dall’impossibilità di restare integri dentro un sistema che li ha prima consacrati e poi espulsi. La legge, antica e granitica, li condanna non per il gesto in sé—un atto di forza eccessiva e fuori misura—ma per aver violato il patto invisibile che regola la finzione della giustizia: non agire mai come se il dolore altrui fosse tuo.
Eppure, è proprio in questa rottura del codice che si insinua l’essenza del film. Gli uomini della Terza Divisione non sono più agenti dello Stato, ma frammenti erranti di una coscienza che non accetta l’oblio. Agiscono non per adempiere al diritto, ma per placare il muto urlo dell'assenza, quella della bambina violata, quella dell’ordine smarrito, quella del sé.
Tutto inizia a Taiping, nella provincia del Guangdong. È il 21 settembre 2002. Una ragazza di 14 anni, brillante studentessa, fresca vincitrice di un torneo di matematica, viene trovata morta. I segni di scasso, il liquido seminale, l’assenza di impronte, l’uso di guanti: è un delitto lucido, spietato. Il corpo presenta lacerazioni evidenti. La Terza Squadra ha 72 ore per risolvere il caso. Il sospettato designato muore sotto le percosse durante un interrogatorio: una catastrofe che inghiotte l’intero reparto.
La memoria della piccola vittima—sola in casa, trafitta nella fragile sicurezza domestica—non è solo un caso da risolvere: è l’icona sacrificale dell’irreparabile. La moglie di Cheng vorrebbe mettere le sbarre alle finestre, ma il gesto, per lui, suonerebbe come una confessione di paura: e un investigatore non deve temere il crimine, bensì accoglierlo come parte del mondo che lo ha generato.
La Terza Divisione, smembrata. I poliziotti condannati, tra cui Cheng, accusato di lesioni volontarie: otto anni di carcere. Esce nel marzo del 2009 per buona condotta, ma nulla lo attende fuori. La squadra non esiste più. Il vecchio Zhang è morto. Gli altri hanno lavori precari, esistenze opache. Cheng ha perso la famiglia, la casa, il nome. Ma nel 2016, una nuova scena del crimine—furto, scasso e omicidio—riporta alla luce le stesse impronte.
Eppure, proprio in quel vuoto ritorna il padre della ragazza uccisa, il signor Yue. Si presenta per ringraziarlo. La moglie era già morta due anni prima. Quel gesto scomposto, quella visita nel silenzio, è un ultimo frammento di umanità nel buio.
È allora che i sopravvissuti si rivedono. Ognuno con la sua storia, i suoi fallimenti, le sue fughe. Ma il nome di Wang Eryong, il secondo colpevole, resta sospeso. Nessuno svanisce nel nulla, e loro lo sanno. Il criminale cambia nome, città, identità. Ma l’urgenza morale non cambia: bisogna trovarlo.
Durante le nuove indagini emergono altri orrori: covi nascosti, traffico di esseri umani. Ma è sempre lo stesso nodo che li lega tutti: il senso del dovere come forma estrema d’amore, e l’amicizia come resistenza alla disgregazione.
Cheng, ossesso e consumato, resta solo. La sua esistenza è la replica muta della ferita. Non sa più se insegue il colpevole o sé stesso. Non è più certo se vuole giustizia, vendetta, o solo sentire che qualcosa, almeno qualcosa, può ancora essere restituito. Il tempo gli ha sottratto ogni appiglio, eppure continua. Perché non è mai stato solo il criminale a dover essere trovato: era il proprio volto smarrito, la propria anima esiliata.
Alla fine, ciò che resta è un uomo di spalle, incapace di voltarsi, perché il passato è una pietra viva. Cheng ha perso tutto. E mentre il mondo lo invita a ricominciare, a lasciar andare, lui resta lì: incatenato al dovere come a una croce invisibile. E la domanda finale non è se il colpevole sia stato preso. È: che fare di sé, quando non si ha più un colpevole da inseguire?

 
Per ritrovare sé stessi bisogna accettare di essersi smarriti.
Jorge Luis Borges

 
 
Presentato alla Settimana del Cinema Cinese a Roma presso Anica dal 23 al 27 giugno 2025.
Un imperdibile appuntamento con la cinematografia cinese contemporanea  con una selezione di nove film che spaziano per tematiche e genere offrendo al pubblico uno sguardo autentico, emozionante e sorprendente sul cinema cinese dell’ultimo biennio.
 
 

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