Find Your Friends

Find Your Friends

Izabel Pakzad

Drama • 2025 • 1h 29m

Questo film è stato presentato a Torino Film Festival 2025

Un apparentemente banalissimo “girls trip”: Amber e le sue quattro amiche mollano la bolla di Los Angeles per un weekend nella desertica Joshua Tree, pronte a ubriacarsi, flirtare, lasciarsi andare. Ma, come in molte parabole moderne, dietro la facciata patinata del divertimento c’è un baratro: nonostante siano bellissime alcune realtà non le vogliono, perché non tutte, anzi una in particolare non cede al gioco;  la loro festa non è ben accolta, e il clima si fa più ostile, fisico e psicologico. Gli amici diventano estranei, il glamour delle notti di festa si incrina, e i traumi nascosti prendono forma. Una tensione latente, alimentata da dinamiche tossiche e dal passato doloroso di Amber, esplode in vendetta — e quel che doveva essere un’evasione si trasforma in un incubo che ha tutto l’aspetto di un horror.

Recensito da Beatrice 24. November 2025
 Il vero sballo è non sentire più nulla, e questo è il problema.
David Foster Wallace

Pakzad non si limita a fotografare una gita spensierata: smaschera il vortice superficiale della cultura festaiola dei giovani – alcol, sesso, droghe – come puro anestetico esistenziale. È come se la regista dicesse: “Ehi, guardate che il party non vi salva; al massimo vi congela per un po’.” 
Il film scava sotto la bellezza effimera della giovinezza edonistica, rivelando quanto la ricerca dello sballo sia, in fondo, una fuga: non solo da responsabilità, ma – più dolorosamente – da sé stessi. E non è una fuga innocente, perché in quella leggerezza si nasconde una perdita di dignità: quando la festa diventa l’unico linguaggio, il corpo diventa merce, le relazioni sfilano nel vuoto di un consumo accelerato, e il trauma si insinua come un predatore silenzioso.

L’uso del deserto californiano come scenario non è casuale: amplifica la solitudine esistenziale di queste ragazze, la vastità vuota in cui si riversano i loro desideri e traumi. È un paesaggio simbolico, metafora di un’anima che cerca l’altrove per evadere dal vissuto, ma che finisce per perdersi ancora di più. E mentre Pakzad esplora con coraggio la cultura sessuale (e auto-sessualizzazione) delle ventenni, non risparmia nemmeno la critica al patriarcato: la minaccia maschile non è solo esterna, ma interna, strutturale, come un veleno che si infiltra nei momenti più “spensierati”, pronti a esplodere quando il grigiore della festa non basta più.

Il punto di forza del film sta proprio in questo: non è un semplice thriller, né un racconto morigerato di femminismo. È una detonazione simbolica – un dialogo duro con la violenza, la vulnerabilità, la rabbia. L’elemento horror dell’atto finale, con la vendetta che esplode, non è gratuito: sembra essere il culmine inevitabile di una tensione repressa, la manifestazione estrema di una liberazione che non passa per la virtù – ma per il caos. Pakzad rifiuta la “final girl” convenzionale. Le sue protagoniste non sono innocenti da salvare, ma donne che reclamano potere attraverso la disillusione, la ferocia, anche il sangue.

E qui arriva una nota esistenziale: quel finale che vira all’horror, per il femminile ha una valenza potenzialmente catartica. È una catarsi violenta ma radicale, una riscrittura dei miti del trauma e della salvezza. Per il maschile, tuttavia, è meno scontato che funzioni allo stesso modo. Gli uomini presenti nel film, seppur centrali nella dinamica di oppressione e confronto, non ricevono lo stesso spazio di trasformazione interiore nella loro caduta o rinascita: la loro violenza è strumento, non destino. Per loro, la catarsi attraverso il caos è più difficile, perché il film non sembra voler offrire redenzione maschile: il sangue è il prezzo pagato, non la via per la salvezza.

In definitiva, Find Your Friends è un ritratto severo e lucido della superficialità dell’edonismo giovanile, del consumismo sessuale e delle relazioni effimere di potere. È una chiamata a guardare oltre il glitter e il beat, verso ciò che davvero siamo quando la festa tace. Pakzad costruisce un’eco disturbante: non si tratta solo di sopravvivere alla notte, ma di sopravvivere al vuoto che la  attraversa.

 Nessuno si rende conto che alcuni individui spendono una enorme energia solo per essere normali
Albert Camus
 
 
 

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