Fucktoys

Fucktoys

Annapurna Sriram

Comedy • 2025 • 1h 46m

Questo film è stato presentato a Torino Film Festival 2025

La protagonista, AP, è una sex worker convinta di essere vittima di una maledizione: per liberarsene, deve pagare 1.000 dollari e sacrificare un agnello. È una premessa che già da sola racconta molto: la maledizione non è solo soprannaturale, è economica. Il gesto del sacrificio (un agnello) richiama rituali antichi, ma l’esborso di soldi lo rende una questione terrena, materiale, fatta di contratti con il mondo occulto. Questo gioco di scala — mistico + mercantile — è centrale nella drammaturgia del film.
Nel suo percorso su uno scooter, AP attraversa Trashtown e incontra personaggi grotteschi: veggenti, clienti bizzarri, figure di potere degradata. Il mondo è costantemente “in transazione”: sesso, scambi, rapporti di potere. Il desiderio di liberarsi della maledizione diventa metafora di un altro tipo di liberazione — non solo spirituale, ma anche economica, sociale, sessuale.
 

Recensito da Beatrice 23. November 2025
Il corpo è una situazione, un luogo di libertà e oppressione.
(S. De Beauvoir)
 
 Fucktoys di Annapurna Sriram è un’opera che non si nasconde: è un film indipendente, audace in modo “trash”, volutamente anarchico, un viaggio visivamente esplosivo in un mondo dove tutto è degrado e feticismo, ma anche una dichiarazione di libertà. Ambientato nella distopica “Trashtown, USA”, il film mescola sesso, magia, sacrifici e dinamiche di potere in un universo onirico e al neon che sembra uscito da un collage visivo di cinema punk e camp.
 
Girato su pellicola 16 mm, una scelta che gli conferisce un fascino retrò, una texture granulosa, amplifica l’atmosfera decadente ma nostalgica. Il film si tinge di colori pastello e neon, con un design di produzione che evoca un mondo fatiscente ma vibrante, allo stesso tempo familiare e straniante. 
 
Il punk visivo è alimentato da una colonna sonora frenetica, che sembra guidare lo spettatore nella notte folle di Trashtown senza pause. La prima regia di Sriram si muove con sicurezza dimostrando di avere una visione molto precisa dell’universo che vuole raccontare. 
 
Sul piano tematico, Fucktoys non è solo una festa visiva: nasconde una riflessione sul capitalismo, sulla cultura patriarcale, sulla marginalità, sul lavoro sessuale e sulla dinamica del potere. Sotto la superficie “sporca” e trasgressiva, la pellicola cerca di parlare di classe, di disuguaglianza e di come i rapporti umani siano mercificati. 
 
Inoltre, la sessualità è esplorata in modo frontale ma con rispetto del consenso: le scene di violenza kinks o BDSM non sono elevate a puro shock estetico ma sono inserite in un contesto narrativo che solleva perplessità sebbene permanga il rischio che tutto diventi “perversione fine a se stessa”.
 
La domanda che sorge è: sarà sufficiente un delirio visivo + sessuale + trash per fare cinema degno di un concorso festivaliero? La risposta è ambivalente.
 
Da un lato, Fucktoys ha chiaramente una sua identità forte e originale: non è un film convenzionale, e proprio per questo ha conquistato il premio della giuria al SXSW. La sua energia non è superficiale, ma sostenuta da un’idea – quella di Trashtown come spazio di marginalità e liberazione – e dalla volontà di rompere norme: cinematografiche, morali, sociali.
 
Dall’altro lato, però, la “stravaganza” rischia di diventare un escamotage effimero. Se la narrativa resta frammentata, se molte scene sembrano costruite solo per shockare o per stupire, si potrebbe obiettare che la trasgressione non sia al servizio di un messaggio, ma sia fine a sé stessa. Il sacrificio dell’agnello, la maledizione, i mille euro: sono immaginari forti, ma quanto davvero ci accompagnano oltre la superficie visiva?
 
Inoltre, il fatto che il sesso sia così centrale – e spesso esplicito – potrebbe polarizzare lo spettatore: per alcuni è liberatorio, per altri rischia di sembrare mera estetica provocatoria.
 
 
Fucktoys è comunque un manifesto trash-punk, una dichiarazione d’amore per i margini, per i corpi non conformi, per lo shock e per la redenzione inspiegabile. Annapurna Sriram, al suo debutto, dimostra coraggio, provocazione visiva e estetica follia.
 
Ma è anche un film che solleva una domanda legittima: può l’eccesso essere giustificazione artistica? Può il delirio sessuale, il feticismo, l’antintellettualismo a tratti ridondante e noioso, se declinati con forza, bastare per rendere un film “degno” di un concorso?
 
Un cinema che sfida lo spettatore a decidere se accettare il suo caos come forma d’arte o rigettarlo come mera esibizione trash.
 
L’arte consiste nell’aprirsi al mondo, anche se questo significa esporre le proprie ferite.
(Patti Smith)
 

Questo film era in concorso ufficiale di Torino Film Festival 2025

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