Slanted

Slanted

Amy Wang

Drama • 2025 • 1h 42m

Questo film è stato presentato a Torino Film Fest 2025

Joan, una giovane ragazza di origini sino-americane, ambisce a diventare la protagonista indiscussa del ballo scolastico, desiderando ardentemente il riconoscimento e l’attenzione dei suoi coetanei. Per raggiungere questo obiettivo, accetta di sottoporsi a un innovativo trattamento che modifica radicalmente il suo aspetto, schiarendo la pelle e allontanandola dalle sue radici culturali. Quello che all’inizio appare come il coronamento di un sogno di accettazione e popolarità si trasforma ben presto in una drammatica esperienza, in cui le implicazioni di identità, razza e appartenenza si rivelano più complesse e dolorose del previsto. Il film si configura così come una riflessione amara e satirica sulle sfide di riconciliarsi con se stessi e le proprie origini in un mondo che esalta modelli estetici pressoché universalmente omologati.

Recensito da Beatrice 26. November 2025
 Il mito della bellezza è uno strumento potente di controllo sociale, che imprigiona le donne in standard irraggiungibili.
Naomi Wolf

Un'indagine inquietante e radicale sul desiderio ossessivo della giovinezza di incarnare un ideale di bellezza monocromatica e standardizzata, che trascende i confini geografici e culturali per divenire un paradigma globale. Il film si muove come un’eco distorta di The Substance in formato giovanile, riflettendo in modo disarmante sulla dolorosa dissoluzione delle radici identitarie nel nome di un’illusoria perfezione estetica.

All’inizio una bambina poi un’adolescente divisa tra due mondi: la cultura cinese dei suoi genitori, che già a trent’anni avevano una comprensione piena e radicata di cosa significasse essere parte di quella tradizione, e il suo tentativo di diventare e definirsi “americana a tutti i costi”. Questa dicotomia pone in luce la frattura profonda tra l’eredità culturale e la smania di conformarsi a un modello estetico imposto, che sembra suggerire che l’appartenenza e la differenza siano sacrificabili sull’altare dell’omologazione.

Il motto di Ethnos, il centro medico in cui si svolgono gli interventi trasformatori — “Se non puoi batterli, sii come loro” — evoca una realtà tanto cupa quanto inevitabile: per germogliare, il seme deve perire. È un’amara metafora della perdita di sé che il film denuncia, un processo di cancellazione e riscrittura dell’identità che conduce alla morte della diversità e alla nascita di una uniformità spersonalizzante.

In questo contesto, Slanted disvela la spaventosa bellezza della pelle bianca come un mito contemporaneo da inseguire, un desiderio universale che ha il sapore di una tragedia: “Quanto è bello essere bianchi?” diviene la domanda ossessiva, l’ossessione estetica che travolge i personaggi, costringendoli a rinnegare le proprie origini, fino a diventare un involucro vuoto, “non cringe”, ossia socialmente accettabile e integrato. Ma chi definisce questi canoni? E quale prezzo si paga nell’abbracciare una normalizzazione tanto totalitaria?

Altro motto di chi si è sottoposto al trattamento è: “Noi crediamo nella vera uguaglianza”… quindi eliminiamo le differenze.

Il film vira verso l’horror nella sua parte conclusiva, richiamando con forza The Substance, non tanto per un mero riferimento stilistico, quanto per la comune disamina del conformismo come forma estrema di controllo e annichilimento dell’individualità. La trasformazione radicale di padre e figlia cubani, esiliati e allontanati dalla madre per il suo rifiuto di sottoporsi al trattamento, diventa un emblema doloroso della disgregazione familiare e culturale provocata da questa inquietante macchina di omologazione.

Slanted non è soltanto un film sulla ricerca estetica; è un dramma esistenziale che esplora l’abisso fra la promessa liberatoria del “diventa ciò che sei” e la crudele realtà del “diventa ciò che vogliono che tu sia”. Qui, l’autenticità sembra una chimera, la conoscenza di sé un miraggio sotto il peso del conformismo globale, mentre la cultura di provenienza si sgretola, sotterrata da una patina illusoria di bellezza.

Amy Wang ci consegna un monito lucido e doloroso: nell’epoca della sostanza omologata, la lotta per mantenere la propria identità autentica è una resistenza fragile, spesso invisibile, ma radicalmente necessaria.

Quando rifiutiamo l’idea che la bellezza sia definita in modo ristretto, riconquistiamo potere sui nostri corpi e sulle nostre vite.
Bell Hooks
 

Questo film era in concorso ufficiale di Torino Film Fest 2025

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