Tua Madre

Tua Madre

Leonardo Malaguti

Documentary • 2025 • 1h 7m

Si può avere un figlio senza diventare mamma?
Dania, con lo slancio di chi a venticinque anni sa ancora prendersi sul serio senza diventare seriosa, trasforma il panico iniziale in un esperimento di autoindagine: non più “che cosa devo fare?”, ma “che cosa significa davvero quella parola che tutti sanno pronunciare ma nessuno sa definire?”. Per farlo, intraprende un pellegrinaggio laico tra donne, professioniste, attiviste, ministre, madri per scelta e madri per rinuncia. Incontra persino quegli sguardi maschili che oscillano – non senza una punta di comicità antropologica – tra il feticismo della MILF e il terrore sacrale verso la madre la propria madre. Un dettaglio che basta da solo a smontare secoli di retoriche virili.

Recensito da Beatrice 16. November 2025
Il mito materno sotto esame: un’odissea pop-esistenziale a misura di dubbio

C’è una domanda che attraversa la storia dell’umanità più della grammatica e più delle religioni: che cos’è una madre? Leonardo Malaguti decide di affrontarla nel modo meno retorico possibile: affidandola all’ironia impertinente e spaesata di Dania, venticinquenne che studia cinema e che – almeno sullo schermo – scopre di essere incinta. Una gravidanza fittizia, certo, eppure sorprendentemente più vera di molte rappresentazioni stereotipate che il nostro immaginario partorisce da generazioni.

Il film non cerca mai l’enciclopedia: preferisce agitare il mito come una neve artificiale, per vedere che cosa resta in basso quando la polvere si posa. Quello che resta è un paesaggio inaspettatamente affollato: lo stigma verso chi non ha voluto figli, la retorica furbesca che attribuisce la denatalità alla libertà femminile (come se emanciparsi causasse un’emorragia demografica), la tensione tra diritto all’aborto e obiezione di coscienza, la fragilità di scelte che non possono essere ridotte a hashtag moralistici.

Malaguti costruisce un oggetto ibrido – metà fiction, metà documentario – che sfugge ai confini del genere come il tema che affronta. La finta gravidanza funziona come un MacGuffin esistenziale: mette in moto la macchina, destabilizza, permette a Dania (personaggio e persona insieme) di diventare mediatrice, testimone, catalizzatrice. Lo spettatore osserva come lei ascolta: senza pretesa di giudizio, con il gusto di chi scopre che le persone, una volta sganciate dalle categorie, si rivelano irriducibili.

La scelta di costruire un film-dispositivo, più cinematografico che documentaristico, non è solo formale: è una dichiarazione di metodo. Le interview non sono mai semplici frontali; diventano tableaux vivants, teatri statici, micro-paesaggi di luce vibrante in cui ogni storia prende forma come un piccolo universo. La Roma delle location – interni domestici, cortili nascosti, salotti pieni d’ombra – diventa il contracampo simbolico di un tema che vive tra intimità e politica, corpo e istituzione. Il mito della “mamma italiana”, con il suo carico di iconografie, viene smontato pezzo per pezzo con un montaggio che predilige salti, imprevisti, aperture surreali: un’estetica pop-filosofica, più vicina al dubbio che alla dottrina.

D’altronde il dramma della maternità non è il figlio, ma l’idea che gli altri hanno della madre e la madre è l’unico concetto che l’umanità ha trasformato in dovere senza mai chiedersi se fosse un desiderio.

C’è un’idea potente al centro dell’opera: non è la maternità a definire la donna, ma la donna a definire – ogni volta in modo diverso – che cosa significhi essere madre. E il cinema, qui, non è più un mero strumento di rappresentazione: diventa luogo di cura, di restituzione, un esercizio di dubbio che si offre come possibilità di pensiero. 

Il risultato?
 Tua Madre riesce a trattare un tema sacralizzato senza sacrilegio, un tema politico senza indulgere nella propaganda, un tema intimo senza pornografia emotiva. E soprattutto, farlo con un’ironia leggera, che non scava per ferire ma per far respirare.

La madre è il primo esserci-per-l’altro. Peccato che pochi si chiedano come sia il suo esserci-per-sé.

Nella sua raffinata semplicità, il film non risponde alla domanda “che cos’è una mamma?”. Per fortuna.
 Ci dice però che ogni tentativo di definizione è già un atto di potere, e che forse l’unica risposta onesta è un coro di voci discordanti, tenute insieme da una giovane donna che cerca – con grazia e una punta di spensierata anarchia – di capire se la libertà passa attraverso lo scegliere, il rinunciare o il sospendere il giudizio.
In fondo, se il mito della mamma deve essere rivisto, tanto vale farlo con humour, pensiero critico e la certezza che nessuna immagine – per quanto venerata – è immune dall’esame della vita reale.
 

l tour nelle sale italiane  dal 19 novembre – dal Cinema delle Province fino al Farnese e al Madison – non è solo un calendario di date, ma la prova che il film aspira a diventare incontro più che oggetto: Malaguti, Dania Rendano, Wilma Labate e la sceneggiatrice Margherita Arioli esplicitano la natura comunitaria del progetto, dove la condivisione è parte integrante del linguaggio. EXA, fondata nel 2024 a Napoli da Umberto Maria Angrisani e Giovanni Toni, è una casa di produzione con un focus sul cinema di finzione e il documentario d’autore: all’attivo, oltre a Tua Madre di Leonardo Malaguti, Sandiego di Dario Fusco co-prodotto con Mompracem e un contributo della Campania Film Commission. Ancora in fase di sviluppo, Idroscalo di Giovanni Soldi, co-prodotto con Mompracem. 
 

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