Stoker

Park Chan Wook Stoker Drama • 2013 • 1h 40m

Recensito da Beatrice 20. August 2023
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India perde il padre il giorno del suo diciottesimo compleanno. Durante il funerale viene a conoscenza della figura di uno zio di cui ignorava l'esistenza, il quale si insinua nella sua vita e in quella della madre dalla quale viene accolto con calda e compiacente attrazione. Tutto si svolge in una misteriosa villa immersa nella campagna americana, dove avvengono cose piuttosto strane.

India è introversa, misteriosa, inquieta; con la madre, donna irrisolta e confusa, vive un rapporto ostile soprattutto quando si accorge che tra lei e lo zio inizia una strana liaison.

Una madre che non è madre e neanche la sa interpretare e uno zio che sembra volerla proteggere, non si sa da cosa e perché. Si capirà nella seconda parte del film che un destino in comune li vede complici.

Il male, il mistero, il destino, l'uscita dall'infanzia e la permanenza nell'età della adolescenza; le mappe cognitive ed emotive irrisolte se qualcuno ha preso il proprio posto nell'amore dei genitori.

Perché si fanno i figli? Per colmare un vuoto, una lacuna?

Cos'è la genitorialità? Una responsabilità dettata dalla consapevolezza del ruolo o una condizione irriflessa e "funzionale" alla vita?

Attraverso un incredibile esercizio di stile Park Chan-wook non esita a confezionare l'ennesimo operazione di pregio artistico; una farsa Hitchcockiana ai limiti della satira, con la Kidman/Kelly e il Goode/Perkins, attraverso la pratica autoerotica della Wasikowska sotto alla doccia in stile Psycho...

"Non c'è niente che un uomo fa che una donna non possa fare", sia nel bene che nel male e India, vincerà su tutto perché solo lei capirà fino in fondo come stanno le cose; solo lei, allevata in cattività, saprà istintivamente come cavarsela.

Un gioco raffinatissimo quello di Park Chan Wook, uno sguardo attento e sofisticato che fa della forma l'inganno superficiale e intrigante di un contenuto da scoprire come l'antica aletheia greca, attraverso una scommessa, un azzardo artistico apparentemente innocuo e sciocco, ammantato di un aura filosofico-esistenziale che solo un artista/filosofo amante dell'estetica come lui poteva effettivamente realizzare.

Una operazione solo apparentemente onanistica e autoreferente decora e fa onore a un discorso intriso di linguaggio, significato, parole che scandagliano il tema della genitorialità e di quel mito che non vede più Edipo protagonista ma Telemaco che attende "invano" il ritorno del padre.

Quel padre, Hitchcock, che il regista coreano ha definitivamente e grottescamente seppellito.

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