Il cinema offre una 'superpotenza' delle possibilità concettuali, aumentando l'impatto affettivo e cognitivo dell'esperienza filmica.
– Julio Cabrera
Un viaggio sensoriale e riflessivo tra il Golfo e il Vesuvio: il palcoscenico di una narrazione che intreccia memoria storica, vita quotidiana e tensione esistenziale. Con uno sguardo attento e rispettoso, Rosi esplora una Napoli meno conosciuta, fatta di frammenti di vita che si sovrappongono alle rovine del passato.
Il film si sviluppa come un mosaico di storie che si intrecciano tra loro: la devota processione verso il santuario della Madonna dell'Arco, gli archeologi giapponesi che da vent'anni scavano Villa Augustea, i cavalli da trotto che si allenano sulla battigia, i vigili del fuoco che affrontano le paure degli abitanti, e le forze dell'ordine che inseguono i tombaroli. Ogni scena è un frammento di una realtà complessa e stratificata, dove il passato e il presente coesistono e si influenzano reciprocamente.
La scelta del bianco e nero non è solo estetica, ma anche filosofica: Rosi ci invita a vedere la città e i suoi abitanti attraverso una lente che esalta le ombre e le luci, le contraddizioni e le armonie, le ferite e le speranze. La sua macchina da presa diventa uno strumento di scavo, non solo fisico, ma anche emotivo e intellettuale, che cerca di penetrare la superficie delle cose per coglierne l'essenza più profonda.
La colonna sonora accompagna le immagini con una musica che amplifica le emozioni e le riflessioni suscitate dalle scene, creando un'atmosfera sospesa e meditativa. Il montaggio contribuisce a dare ritmo e coesione al racconto, spezzando e alternando momenti di silenzio e di rumore, di calma e di tensione, di intimità e di distanza.
"Sotto le nuvole" è un film ma che stimola la capacità di osservazione e di ascolto nonchè riflessioni sul nostro rapporto con la storia, con il territorio, con gli altri e con noi stessi. È un'opera che ci indica come guardare, come scoprire la bellezza e la complessità del mondo che ci circonda, a riconoscere le tracce del passato nel presente e a immaginare possibili visioni.
Un sottile esercizio di osservazione rigorosa e composita seppur ironica e scanzonata. Rosi non concede e non rimanda ad altro: il film privilegia la struttura visiva, il contrasto tra luce e ombra per costruire una mappa estetica della città e dei suoi abitanti. Ogni inquadratura è calibrata, ogni sequenza ponderata, in una ricerca formale che mette in primo piano la tessitura dello spazio, la materialità dei corpi e l’articolazione dei gesti. L’opera si impone come studio di materia visiva, dove la presenza umana emerge come elemento all’interno di un paesaggio complesso e stratificato.
L'immagine manifesta l'altro del visibile, del rappresentabile: quell'altro che si rivela nel visibile, nascondendosi a esso.
– Giuseppe Di Giacomo